Pericolo animali esotici in casa e la moda dei cibi etnici

Un cucciolo di iguana in salotto o un serpente messicano nel terrario possono celare insidie per la salute dei proprietari. «Le mode più recenti, come la convivenza in casa con animali selvatici che rappresentano i nuovi 'pet', ma anche la continua ricerca di cibi etnici e la predilezione per carni non cotte, rappresentano fattori che favoriscono il passaggio di patogeni dagli animali agli uomini». A mettere in luce i pericoli legati ai pet esotici e alla passione per i menu etnici è Giorgio Palù, virologo dell'Università di Padova, in occasione della nascita oggi in Campidoglio dell'European Society for Virology (Esv), di cui è presidente vicario. «Il contatto ravvicinato con animali selvatici che albergano virus con i quali, nel corso dell'evoluzione, hanno raggiunto un optimum adattativo con reciproco vantaggio, la moltiplicazione incontrollata di insetti, la mancanza di presidi immunizzanti e scarsi livelli igienici favoriscono - sottolinea il virologo - la trasmissione di infezioni a individui il cui sistema immunitario non è in grado per vari motivi di reagire».

L'esperto, dunque, punta il dito contro le zoonosi, ricordando le conseguenze del passaggio del virus Hiv dalle scimmie africane all'uomo. «Ma anche l'avanzare della Dengue, favorita dalla zanzara tigre, diverse forme di epatiti associate al consumo di alimenti di origine animale, e la gravissima epidemia di virus del Nilo occidentale negli Usa». Non bisogna poi dimenticare «la tragica persistenza della rabbia del cane che, soprattutto nei Paesi del Sud del mondo, provoca ogni anno da 50mila a 100mila casi mortali nell'uomo. E l'evoluzione genetica del virus dell'influenza aviaria», che ha già elevati tassi di letalità, anche se «non esiste la prova del passaggio interumano dell'H5N1».
Quali allora gli obiettivi dellla neonata società scientifica? «La sfida portata dai virus è impegnativa, data la capacità di questi patogeni di adattarsi facilmente alle diverse situazioni, modificando il proprio genoma. Ma anche a causa di una non completa conoscenza dei meccanismi che ne favoriscono la diffusione. Per questo - spiega l'esperto - abbiamo deciso di fondare l'Esv: per promuovere la collaborazione tra i diversi settori della ricerca sulle malattie dell'uomo, ma anche degli animali e delle piante». Insomma, contro questo nemico microscopico l'unione fa la forza della ricerca. Obiettivo comune degli esperti, conclude Palù, quello di «individuare possibili strumenti di profilassi e terapia, analizzando le caratteristiche dei virus, ma anche i meccanismi che interagiscono tra l'agente infettante, gli organismi che lo 'ospitanò e gli eventuali insetti vettori».

Salute e benessere:Fegato grasso per oltre 20 milioni di italiani.

Fegato grasso per oltre 20 milioni di italiani. Soffre di steatosi epatica il 20% dei bambini in sovrappeso, il 25% degli adulti, il 40-100% dei diabetici di tipo II, il 20-80% dei dislipidemici e il 30-70% dei pazienti con epatite C (Hcv). Sulle più diffuse patologie che minacciano la salute del fegato, come questa, e sulle armi per rallentarne i danni fanno il punto gli epatologi europei riuniti al Congresso Easl (European Association for the Study of the Liver) a Copenhagen. Per arginare l'emergenza fegato grasso è stata testata per la prima volta su 181 pazienti la silibina, somministrata in una nuova forma (fitosoma) per favorirne la biodisponibilità. «L'arruolamento dei pazienti nello studio multicentrico, randomizzato in doppio cieco, di fase III è ormai concluso - spiega il direttore medico Carlo di Manzano dell'Istituto biochimico italiano Giovanni Lorenzini della II Università di Napoli - Ora dobbiamo aspettare solo i risultati dell'analisi statistica, ma siamo molto fiduciosi. Lo studio ha valutato l'efficacia di Realsil, costituito dall'associazione di silibina estratta dal cardo mariano, fosfolipidi e vitamina E, nel migliorare il danno epatico in pazienti con fegato grasso non alcolico in presenza o meno di infezione da Hcv». «La steatosi - sottolinea - può essere solo il primo passo verso una steatoepatite, infiammazione che rende più sensibili le cellule epatiche, gli epatociti, alla morte cellulare programmata (apoptosi) e alla necrosi. Di conseguenza anche alla cirrosi, che colpisce il 3% della popolazione e assieme al carcinoma epatico ogni anno miete circa 50.000 vittime». La silibina, sostanza naturale derivata dal cardo mariano e utilizzata anche come antidoto nell'avvelenamento dal fungo Amanita phalloides, ha potenti proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antifibrotiche, sottolineano gli esperti. Lo studio è stato condotto in diversi centri italiani ed europei, coordinati da Carmela Loguercio, associato di Gastroenterologia alla II Università di Napoli. I 181 pazienti arruolati, che non avevano avuto benefici da precedenti terapie, sono stati seguiti per un anno e tutti hanno effettuato biopsia epatica all'inizio della ricerca, alcuni anche alla fine.

Confermato:peperoncino, vino rosso e formaggi stimolano l'erotismo

Ancora una volta viene confermato il rapporto tra cibo e sesso: per 7 esperti su 10 il legame tra cucina e stimolo sessuale è molto forte e ad «accendere» il desiderio sono soprattutto gli ingredienti e i prodotti "nostrani". Niente ostriche, champagne e fragole, meglio spezie, il peperoncino (61%), i formaggi (58%), e il vino rosso (25%). Questo è quanto emerge da uno studio promosso da «Vie del Gusto» e condotto su 110 sessuologi e nutrizionisti, intervistati sul rapporto tra desiderio sessuale e cibo. Attraverso il palato si arriva al cuore del partner (84%). Se per il 47% questo legame tra cibo e desiderio è soprattutto «mentale», per il 46% c'entra anche la «chimica». Ma quali sono allora gli alleati dell'amore? Oltre al peperoncino, che stimola alcuni ormoni che favoriscono la vasodilatazione sanguinia , fra gli altri «alleati» dell'amore ci sono poi l'androstendiolo, un ormone presente nel sudore e anche nel tartufo, la senape (che attiva le ghiandole sessuali) e il formaggio che contiene feniletilamina, ormone prodotto dal cervello quando ci innamoriamo. E al fianco degli ingredienti afrodisiaci, dagli esperti arrivano i consigli per sedurlo o sedurla a tavola: dal cucinare a quattro mani (44%) alla scelta dei colori di piatti e atmosfera (35%). A quanto pare il legame tra cibo e desiderio non solo esiste, ma è anche molto forte, come sottolinea il 41% degli esperti intervistati, a cui si aggiunge il 30% che conferma che con alcuni cibi può avvenire. Naturalmente, evidenzia il 14% degli intervistati, entra in gioco anche l'elemento soggettivo, difficile quindi generalizzare, ma di fatto ad escluderlo in toto sono pochissimi: il 5% ritiene si tratti solo di miti, mentre il 7% si accontenta di dire che non è ancora stato provato scientificamente in modo definitivo.

Secondo il 47% degli intervistati il legame tra cibo e desiderio sarebbe di tipo «mentale», a cui contribuiscono molteplici elementi, a partire dall'atmosfera. Ma per molti non si tratta solo di un aspetto psicologico: per il 29%, infatti, si tratta di un legame sia fisico, grazie alle proprietà di alcuni ingredienti, che mentale. A questi si aggiunge il 17% che ritiene che si tratti soprattutto di un legame fisico, grazie agli elementi contenuti in certi cibi. Ecco allora che gli esperti, al di là dei luoghi comuni, sono in grado di confermarlo: un buon pasto rimane fondamentale per conquistare un uomo o una donna (38%), a cui si aggiunge il 29% che lo ritiene molto importante. Solo il 7% non ritiene la tavola uno strumento utile alla seduzione. Tra i segreti, sicuramente, c'è quello di cucinare per l'altro (58%), molto più «seduttivo» rispetto ad una cena nel ristorante più chic e trendy della città (16%), o, ancora meglio, secondo il 44%, «cucinare insieme». Se poi proprio non si è in grado di cuocere nemmeno un uovo al tegamino, se ristorante deve essere, meglio una trattoria tipica (58%), con un menù a base di prodotti tipici e regionali, meglio di quelli che propongono una cucina sperimentale (segnalati solo dal 13%). Tra i suggerimenti dati dagli esperti, infatti, l'utilizzo di prodotti e ingredienti del made in Italy è sicuramente al primo posto (54%), oltre naturalmente alla scelta di pietanze saporite ma non troppo «pesanti», per evitare l'effetto abbocco (47%). Importante la presentazione e i colori, sia delle pietanze che dell'atmosfera (43%), dove bisogna prediligere quelli caldi, legati alla passionalità e al calore. Da non trascurare, poi, l'aspetto olfattivo: se troppo forti e persistenti i profumi invece di stimolare la passione possono creare una sensazione spiacevole (22%).
E dagli esperti intervistati da Vie del Gusto arriva la top ten degli «ingredienti» e dei cibi che non possono mancare nella seduzione. Al primo posto sicuramente le spezie (61%), e soprattutto il peperoncino che per gli esperti è in grado di stimolare il iVip (Vasoactive intestinal polipeptide), un ormone scoperto negli anni '70, che provoca la vasodilatazione dei corpi cavernosi dei genitali, agendo come un viagra naturale, sia per l'uomo che per la donna. Il secondo gradino del podio spetta ai formaggi (58%), come gorgonzola, taleggio o parmigiano, particolarmente ricchi di feniletilamina, ormone prodotto dal cervello quando ci innamoriamo. Medaglia di bronzo per il miele (53%), che oltre alle proprietà energetiche, evoca scene di seduzione, seguito dalla senape (46%), che ha la capacità di «attivare» le ghiandole sessuali. Quinto posto per un altro prodotto rigorosamente made in Italy, ovvero il tartufo (39%), ricco di sono poi l'androstendiolo, un ormone presente anche nel sudore e che stimola il sistema nervoso. Ma sono anche altri gli alimenti tipici della dieta mediterranea che hanno un vero e proprio effetto afrodisiaco: sesto posto per i salumi (37%), seguiti da alcune verdure, prime fra tutte il sedano (28%), grazie alla sua proprietà di fluidificante del sangue (non a caso gli antichi romani lo dedicavano a Plutone, dio del sesso). Come emerge dall'indagine, non poteva mancare il vino, soprattutto quello rosso (25%), seguito dal pesce (21%) e dalla carne rossa (17%). E afrodisiaci «mitici», come caviale, ostriche e champagne? Sono relegati ben oltre la top ten, così come lo champagne (solo al 15esimo posto).

Gli italiani trascurano il cuore, a rischio uno su due

La metà degli italiani sono a rischio cardiovascolare. A dimostrarlo sono i primi risultati del progetto, partito lo scorso anno, che vede Ferrara città protagonista della prevenzione. Fra le prime in Europa, ha sviluppato un percorso integrato che comprende Istituzioni, strutture sanitarie, e Fondazioni. I dati sono lampanti: su 6321 visitatori del Museo Estense che hanno scelto di rispondere al questionario salute, uno su cinque fuma, il 40% soffre di colesterolo troppo alto, il 52% è iperteso, il 41% presenta una frequenza cardiaca sopra i 75 battiti al minuto e ben il 52% non pratica alcuna attività fisica e non fa fisioterapia. Proseguendo: il 41% è sovrappeso, il 12% addirittura obeso e il 20% degli uomini ha una circonferenza addominale sopra i 102 cm, livello considerato come soglia di rischio.

Tra le iniziative dell'università di Ferrara, la messa a punto di un alimento salve-cuore: il "pane
della salute", con meno carboidrati, completamente privo di sale e ricco di omega 3, «importantissimi - spiega in una nota Roberto Ferrari, presidente della Società europea di cardiologia (Esc) - per l'organismo e non facili da reperire. Un prodotto unico al mondo, appositamente studiato per ridurre al minimo il rischio cardiovascolare».
Ma una sana alimentazione non basta. Per azzerare i pericoli per il cuore la prevenzione deve essere a tutto campo. La "Fondazione Anna Maria Sechi per il cuore", presieduta da Ferrari, ha promosso un progetto ad hoc. «Ad oggi - spiega l'esperto - è stato valutato il livello di rischio di 6.321 visitatori del Museo Estense di Ferrara e ora si estenderà a tutti i dipendenti dell'Azienda ospedaliera S. Anna, ai lavoratori di un'industria metalmeccanica e ai clienti di un supermercato, con l'obiettivo di creare una vera e propria clinica per i sani, centro permanente dedicato al benessere cardiaco». Ma si guarda oltre le mura di Ferrara: «Voglio esportare questo modello su scala nazionale e poi europea perchè sono convinto che la prevenzione sia compito dell'interna comunità. Per questo - aggiunge - è nato "Il cuore al centro": un'iniziativa che punta l'attenzione sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari, prima causa di morte nel nostro Paese e responsabili di 4 decessi su 10»

Sempre in materia di prevenzione la Fondazione ha lanciato "comunicare con il cuore": una serie di corsi di formazione e materiali di approfondimento rivolti alla comunità scientifica. E ancora, un premio giornalistico per il miglior articolo sulle malattie cardiovascolari, che verrà consegnato a settembre al Congresso europeo di cardiologia di Barcellona. La Fasc ha inoltre attivato il numero verde del cuore (800.216.662), un servizio gratuito di ascolto e counselling unico in Italia, attivo tutti i giorni feriali dalle 15 alle 17. Tra gli obiettivi, informare su fattori di rischio e prevenzione, offrire orientamento e supporto nella prenotazione della visita, indirizzare il paziente alle strutture di cura e assistenza. Ferrari ricorda quindi i dati sull'incidenza delle patologie cardiache nel nostro Paese e l'importanza della prevenzione. «In Italia - spiega l'esperto - ogni giorno si verificano circa 90 nuovi casi fra gli uomini (1 ogni 16 minuti) e 30 fra le donne (1 ogni 48 minuti). È paradossale che ad un malato che ha avuto un infarto o soffre di angina venga offerta la più sofisticata tecnica, come la coronarografia o l'angioplastica on-line, ma non si sia in grado di attuare una strategia utile per smettere di fumare e ridurre il colesterolo. Ogni 2 sigarette in più il rischio aumenta del 10% l'anno. Smettendo o riducendo si hanno risultati prognostici ben superiori alla cardiologia interventiva, la tecnica più costosa in assoluto». Altro progetto in cantiere è appunto la 'Casa della prevenzione. «Si tratta - spiega il presidente - di un Centro permanente, aperto a tutta la cittadinanza, gestito da sanitari e Istituzioni. Una vera e propria 'clinica per i sanì, dove chiunque possa trovare ascolto, esperti pronti a fornire informazioni, prodotti salutari, piatti funzionali al cuore, una guida per capire come acquistare i prodotti giusti, la possibilità di calcolare il proprio rischio individuale, una palestra. Un progetto trasversale che - conclude Ferrari - include anche una scuola, e aiuta i cittadini a mantenere sano il motore della loro vita».

Il pomodoro è amico del cuore, pieno di antiossidanti.

Il pomodoro e' amico del cuore e, con l'inizio della bella stagione, il Solanum lycopersicum (classifiazione nome in botanica) non deve mancare nelle nostre tavole.Tutto merito del licopene, antiossidante di cui l'ortaggio è ricco e finora considerato in grado di proteggere dal tumore alla prostata. Invece è «anche uno degli alimenti salva-cuore più efficaci». A spingere i cittadini ad arricchire la propria dieta di pomodori sono i cardiologi riuniti in Sicilia per il 'Mediterranean cardiology meeting', in corso a Taormina. «Per la prevenzione dei disturbi cardiovascolari - spiega Michele Gulizia, presidente dell'Associazione italiana di aritmologia e cardiostimolazione (Aiac) - non basta prescrivere uno o più farmaci. Per combattere la sindrome metabolica occorre intervenire su più fronti, dall'attività fisica al controllo del peso, dalle abitudini alimentari all'eventuale consumo di sigarette. Uno dei cardini della nostra alimentazione - conclude l'esperto - è proprio la pasta al pomodoro, tra i più efficaci per proteggere il nostro cuore. Numerosi studi scientifici lo dimostrano».

Il 4% dei giovani ha problemi all' udito, attenzione agli auricolari

L'udito dei ragazzi sempre più a rischio. «In Italia circa il 4% dei giovani ha problemi all'apparato uditivo. Danni a volte irreversibili, colpa di cattive abitudini. Due su tutte: i-Pod sempre acceso con volume altissimo e lunghe serate in discoteca con musica assordante. Serate spesso all'insegna dello sballo, con assunzione di droghe o alcol, mix micidiale per la salute dei ragazzi. Anche per l'apparato uditivo che, venuti meno i meccanismi di difesa, è più esposto ai pericoli». A lanciare l'allarme è Giancarlo Cianfrone, ordinario di audiologia all'università Sapienza di Roma e presidente dell'Airs (Associazione italiana per la ricerca sulla sordità), che raccomanda corretti stili di vita per i ragazzi, i più esposti a livelli di rumore superiori a quelli ritenuti accettabili. «La soglia di sicurezza per il nostro apparato uditivo - spiega Cianfrone - è intorno agli 85 decibel. In discoteca però, normalmente si superano i 100 decibel, con picchi di 110. A quei livelli - sottolinea l'esperto - il meccanismo di difesa all'interno del timpano, il muscolo della staffa, si irrigidisce e non riesce ad attenuare il suono. Questo passa quindi indisturbato in tutta la sua energia, andando a ledere le cellule ciliate che si trovano all'interno della chiocciola, che è il nostro microfono naturale, provocando spesso lesioni irreversibili». I sintomi più comuni sono ronzio e senso di 'ovattamentò. «Se si avvertono questi fastidi - spiega il presidente dell'Airs - bisogna andare da uno specialista e sottoporsi a un esame audiometrico. Oltre al riposo si possono adottare terapie di protezione cellulare a base di antiossidanti di ultima generazione. Nei casi più gravi si ricorre al cortisone».

In discoteca non ci si stordisce solo con la musica. Lo sballo è fatto spesso di alcol e droghe. «Questi - spiega l'esperto - sono tutti fattori di rischio aggiuntivi per lo stato di salute generale e per l'apparato uditivo in particolare. Lo sballo porta infatti a una maggiore vulnerabilità dell'organismo, che viene sottoposto a stress ossidativo, generando danni più significativi anche alle cellule dell'apparato uditivo». Ma la discoteca non è il solo nemico per il nostro udito. Anche l'uso frequente dell'i-Pod può risultare alla lunga assai dannoso. «Dipende dalle cuffie - spiega Cianfrone - Gli auricolari, sotto questo aspetto, possono essere molto pericolosi. A differenza della cuffia classica, porta a occludere il condotto uditivo, che finisce per fare da grancassa. Molto meglio utilizzare quindi cuffie esterne». Anche in questo caso il presidente dell'Airs auspica una normativa chiara. «I produttori di questi dispositivi, i-Pod e altri lettori Mp3 - conclude Cianfrone - dovrebbero inserire dei limitatori di uscita del suono. Su questo c'è necessità di una normativa internazionale».

Solo l'8% degli italiani va in ospedale per curarsi i denti

La metà degli italiani non è mai stata dal dentista e, fra coloro che invece curano la salute della loro bocca, solo l'8% si rivolge a strutture pubbliche, contro il 92% che sceglie un privato. «È colpa soprattutto della scarsa informazione, perchè le persone che si recano in ospedale per curare i denti non sono necessariamente le meno abbienti, ma soprattutto le più informate sulla possibilità di avere assistenza dal Servizio sanitario nazionale (Ssn)». Lo sostiene Elettra De Stefano Dorigo, presidente del Collegio dei docenti di discipline odontostomatologiche e Chirurgia maxillo-facciale, in occasione del congresso nazionale inaugurato ieri a Roma. «L'assistenza odontoiatrica -precisa la De Stefano Dorigo- rappresenta un settore in cui il Ssn ha tradizionalmente presentato un impegno limitato, malgrado le molteplici implicazioni di carattere sanitario e sociale; conseguentemente la quantità di prestazioni erogate in Italia nel settore pubblico è tra le più basse in Europa. Ma bisognerebbe agire anche sul piano della sensibilizzazione dei cittadini. Inoltre, per legge, fin dal 1984 - spiega l'esperta - i nostri studenti devono fare esperienza sui pazienti. E la formazione pratica dell'odontoiatra diventa ora una necessità non più procrastinabile: bisogna elevare la quantità e la qualità delle prestazioni e si apre quindi la possibilità per il pubblico di usufruire non solo dei Livelli essenziali di assistenza, ma anche di prestazioni complesse. Il tutto a un tariffario agevolato». Secondo la presidente, infine, «occorre istituire uno specifico tavolo tecnico con le Regioni per un'opportuna revisione del nomenclatore tariffario che, allo stato attuale, non comprende l'intera gamma delle prestazioni odontostomatologiche e, per quelle invece comprese, prevede tariffe che ne sottostimano ampiamente i costi, rendendo perciò la loro erogazione non sostenibile».

Il 66% dei bambini con problemi agli occhi non porta gli occhiali

In Italia il 95% dei bambini ha atteggiamenti scorretti nella lettura, nella scrittura, davanti a tv e pc. Ma - in barba all«effetto Harry Potter' - solo il 25% porta gli occhiali, nonostante circa il 66% ne avrebbe bisogno. Così quattro alunni su 10 presentano un difetto visivo, ma non utilizzano gli occhiali. »Più della metà dei bambini della scuola primaria sono inefficienti dal punto di vista del sistema oculomotore, con ricadute sul rendimento scolastico dovute a stress visivo«. Non sono rosei i dati della ricerca appena conclusa dall'Albo degli optometristi e da Federottica insieme all'università del Salento su un campione di circa mille bambini delle scuole elementari, anticipati in vista del 35.mo Congresso dell'Albo degli optometristi che si terrà a Verona dal 25 al 27 aprile.

Sotto accusa »quell'insieme di atteggiamenti posturali e cognitivi scorretti, diffusi dalla prima alla quinta elementare, legati a un peggioramento graduale dei disturbi visivi«. Quasi la totalità dei bambini ha una postura errata mentre fa i compiti, e tutti prendono la penna in modo scorretto. Dallo studio, in particolare, emerge che fin dalla prima elementare i bimbi sviluppano schemi motori scorretti, sia per quanto riguarda la scrittura che la lettura. Ma correggere questi errori si può con la prevenzione, che deve iniziare quando è ancora in atto la formazione motoria. Federottica si batte per la prevenzione nelle scuole grazie a uno specifico progetto, il piano Bimbovisione, attivo nelle strutture scolastiche su tutto il territorio nazionale. La situazione italiana, dicono gli esperti, riflette quella sempre più allarmante di molti altri Paesi. Gli ultimi dati dell'Oms sulla compromissione visiva provocata da errori refrattivi non corretti dico che nel mondo, su 314 milioni di persone con deficit visivi, 153 milioni presentano anomalie determinate da errori refrattivi non corretti.

Di queste, 8 milioni sono cieche a causa di mancata prevenzione e correzione, ha detto Silvio Mariotti, oftalmologo e coordinatore del Programma per la prevenzione della cecità Vision 2020. Non si tratta solo di Paesi poveri, anzi la percentuale sembra aumentare proprio in quelli industrializzati. Dai 5 a 15 anni, infatti, la non correzione è dovuta soprattutto alla mancanza di screening, «più elevata nelle aree urbane e industrializzate», dice l'esperto. Così in Italia il 40% degli alunni presenta un difetto visivo ma non utilizza gli occhiali. E il 75% dei lavoratori al videoterminale soffre di disagi oculari come affaticamento, visione offuscata e mal di testa, mentre in generale il 25% di coloro che lavorano al pc ha anche problemi muscolo-scheletrici. Il difetto visivo non corretto si riflette anche su vista e qualità della vita dell'anziano. Secondo studi epidemiologici che saranno presentati al congresso da Robert Sanet, direttore del reparto di Optometria a San Diego (Usa), l'80% della compromissione visiva degli anziani può essere corretta aggiornando la prescrizione degli occhiali e rimuovendo chirurgicamente la cataratta. Da esperimenti diretti è stato infatti dimostrato che su 12 milioni di persone oltre i 65 anni di età in Italia, le cadute potrebbe diminuire del 15% grazie a interventi preventivi. Ogni anno «si dovrebbero eseguire i seguenti esami - raccomanda Sanet - acuità visiva, stato refrattivo, valutazione oculomotoria, valutazione globale binoculare, test di sensibilità al contrasto, valutazione dell'interazione visione/equilibrio, valutazione della salute oculare».

Febbre sulle labbra, Herpes labbra, cosa fare?

Con la stagione calda è più frequente la comparsa della tipica febbre” orale. Si tratta del “risveglio” dell’Herpes, un virus che alberga silenzioso nell’organismo e che dà segno di sè in caso di stress. Con un tempismo invidiabile, infatti, fa la sua comparsa proprio nei momenti meno opportuni: quando ci troviamo in viaggio o siamo in vacanza, alla vigilia di un appuntamento importante, quando già siamo a terra per un raffreddore. Non è un caso, come segnala il Patient Education Institute statunitense: il virus, che infetta ben 8 persone su 10, si “risveglia” proprio quando il nostro corpo deve fare i conti con uno stress emotivo o fisico. Niente paura, però, perchè basta una breve terapia per eliminare il fastidio: per accelerare la guarigione basta assumere farmaci antivirali come il classico aciclovir i suoi derivati, tra i quali il più recente valaciclovir. Per risolvere un singolo episodio con aciclovir bastano 5 compresse per 5 giorni di trattamento. Tra le precauzioni da prendere per evitare, durante l’estate, di “risvegliare” l’Herpes virus c’è quella di non stare troppo a lungo al sole o, se si è costretti a farlo per qualche motivo, di applicare schermi solari a protezione totale sulle labbra.

Allergie, attenzione al polline

Specialmente in primavera ed in estate le piante producono il polline che disperso nell’aria viene aspirato o entra in contatto con la mucosa degli occhi (la congiuntiva). I pollini talvolta possono agire come allergeni e provocare reazioni infiammatorie. In particolare la congiuntivite primaverile è una fastidiosa irritazione allergica degli occhi. Ogni paziente è sensibile ad uno o più pollini ed ogni stagione ha i suoi pollini specifici. Ne consegue che chi ne soffre ha i suoi particolari “periodi critici” durante i quali la malattia è particolarmente acuta. E’ possibile individuare la sensibilità individuale eseguendo esami specifici del sangue (PRIST e RAST). Le Aziende Sanitarie Locali (ASL) pubblicano il “calendario dei pollini” specificando mese per mese e regione per regione quali sono le piante maggiormente coinvolte nella produzione di polline. Ulteriori informazioni sono disponibili anche su internet.
La congiuntivite primaverile è un’infiammazione frequentemente associata a rinite (oculorinite), che produce iperemia (rossore) e chemosi (gonfiore) congiuntivale, secrezione sierosa, prurito e fotofobia. Si calcola che soffra di questo disturbo il 10% circa della popolazione infantile (fino ai 5 anni di età) ed il 20% della popolazione fino ai 10 anni di età.
Le possibilità di prevenzione prevedono di evitare o ridurre al minimo il contatto con il polline, laddove possibile, o tramite la terapia desensibilizzante eseguita dal medico con appositi vaccini. Il trattamento di base della congiuntivite allergica, di competenza medica, si avvale di antistaminici in collirio (Ketotifene fumarato, nedocromile, levocabastina) o per bocca nei casi più gravi e di cortisonici in collirio (clobetasone). Nei casi più lievi tuttavia si può ricorrere per alcuni giorni ai numerosi prodotti di libera vendita che associano antistaminici e vasocostrittori (es. Tetramil, Imidazyl Antistaminico), sospendendo nel frattempo l'eventuale uso di lenti a contatto. Dunque solo un disturbo stagionale che se ben curato non ci farà apprezzare meno la dolcezza della stagione estiva.

Attenzione al gel per le unghie e ai tacchi alti, problemi in arrivo

La passione per le unghie laccate può giocare brutti scherzi alle italiane, che ormai in sette casi su dieci soffrono di problemi alle estremità dei piedi. La moda del gel sui piedi sta creando moltissimi nuovi problemi: si moltiplicano i casi di infezioni periunghiali e di lesioni, soprattutto all'alluce: problemi che rendono necessaria l'asportazione dell'unghia o ne provocano la caduta. Così, per essere più belle, ci si ritrova con un alluce inguardabile. A condannare senza appello la moda della pedicure con il gel o l'acrilico, importata dagli Stati Uniti e ora tanto in voga anche in Italia, è Mauro Montesi, presidente dell'Associazione italiana podologi (Aip), alla vigilia del XXIV Congresso nazionale di podologia. «Con l'arrivo della stagione calda sempre più donne scelgono di farsi applicare il gel sulle unghie dei piedi, per sfoggiare al meglio sandali all'ultima moda - sottolinea Montesi - ma così si espongono al rischio di microtraumi e infezioni periunghiali difficili da individuare, finchè non è troppo tardi». Insidie cui si aggiungono quelle celate dalle scarpe più modaiole. «Sono dei veri killer per i piedi femminili - dice l'esperto - A partire dai modelli con platform e tacchi vertiginosi che si vedono quest'anno nelle vetrine: il baricentro è spostato e camminare su queste calzature, piuttosto pesanti, altera la postura ed espone al rischio di distorsioni». Il rischio? «Metatarsalgie, capsuliti, callosità, dita a martello», elenca lo specialista. «Oltretutto questi modelli, con un rialzo notevole per l'avampiede e tacchi davvero altissimi, non sono flessibili: la postura è alterata a lungo. Insomma alcune di queste scarpe rischiano di regalare, oltre ai problemi alle estremità, anche un bel mal di schiena».

Alle critiche dell'esperto non sfuggono le ballerine in gomma tanto di moda fra le giovanissime. «In questo caso l'assenza totale di tacco non aiuta la postura, mentre il materiale non permette al piede di respirare», avverte Montesi. Il rischio è quello di ritrovarsi con un'estremità bollita, con vesciche e spellature. Insomma, moda e benessere non sembrano far rima, quest'anno, almeno se si guarda alle scarpe. «Una calzatura primaverile o estiva ideale per lei deve essere aperta ma contenere bene il piede, con un tacco di 4-5 centimetri, senza stringhe o lacci che costringano le dita. Insomma, dovrebbe somigliare ai calzari degli antichi romani», aggiunge l'esperto. Un modello certo non adatto a una serata elegante. «Ma uno stravizio ogni tanto è ammesso - concede Montesi - dunque via libera ai tacchi alti per andare a teatro: due ore sui trampoli non fanno troppo male. I problemi sono invece garantiti per chi usa gli stiletti in ufficio, perchè in questo modo - spiega - la sofferenza per il piede è destinata a durare tutto il giorno, e alla lunga i problemi arriveranno», assicura. Ma allora cosa fare per coniugare salute e bellezza? L'esperto approva la moda americana di portare con sè delle scarpe comode, da indossare per trovare sollievo, sfoggiando le calzature 'da urlò solo per una breve parte della giornata. Montesi, però, è pessimista.«Nonostante il fatto che il 70% delle italiane abbia problemi ai piedi, dall'alluce valgo alle dita a martello, dalle callosità alle capsuliti, poche rinunciano alle scarpe di moda e alla sofferenza che regalano. Basta gettare per terra una monetina a un matrimonio: chinandosi per raccoglierla - conclude con un sorriso - si vedrà che, sotto il tavolo, tutte le donne presenti si sono sfilate discretamente le scarpe per trovare sollievo. È inevitabile: quando le scelgono non guardano alla comodità, ma piuttosto corrono allo specchio per vedere come slanciano la gamba».

Sostituire il pasto con il gelato fa ingrassare?

Il gelato viene normalmente considerato un dessert ma è utile ricordare che è anche un complemento dell’alimentazione. Non sono pochi, infatti, coloro che d’estate sostituiscono uno dei pasti giornalieri con un cono o una coppetta. Il gelato, grazie alle particolari qualità nutritive, soprattutto delle produzioni artigianali, viene ritenuto un alimento vero e proprio dai nutrizionisti. Contiene latte, uova, zuccheri, frutta e deve essere combinato con gli altri componenti della dieta personale, tenendo conto delle sue caratteristiche dietetiche e organolettiche. Il valore nutritivo del gelato varia a seconda degli ingredienti utilizzati e non è trascurabile: sicuramente non può essere considerato solo un semplice rinfrescante. I gelati a base di latte (creme, cioccolato, ecc.) hanno un significativo ruolo nutrizionale nella dieta, per l’apporto di proteine, calcio e fosforo. I gelati a base di frutta, invece, oltre ad avere un minor valore energetico, hanno un particolare interesse anche per il loro contenuto vitaminico e di sali minerali. Nei gelati al latte il valore calorico può arrivare fino a 280 kcal. per 100 grammi; quelli alla frutta hanno un valore energetico massimo di 130 kcal. per 100 grammi.

E’ quindi molto importante introdurre nella dieta giornaliera il giusto tipo di gelato, in relazione al tipo di regime alimentare adottato. Ad esempio dopo un pasto leggero o in sostituzione del pasto stesso, può essere scelto un gelato a base di latte; se il pasto è stato, invece, ricco di sostanze nutrienti, è bene orientarsi su un gelato alla frutta. E’ molto importante chiarire al consumatore il valore nutrizionale del gelato, affinché lo consideri a completamento della sua alimentazione sia nella stagione estiva sia in quella invernale.

Allattare fa bene alla mamma

Dal latte di mamma non solo vantaggi per la salute del bebè. Sembra, infatti, che allattare al seno i propri bimbi regali alle madri una sorta di scudo, in grado di ridurre il pericolo di attacco cardiaco, cardiopatie o ictus. Lo rivela uno studio condotto da un team di ricercatori americani dell'University of Pittsburgh, pubblicato su Obstetrics and Gynaecology. I ricercatori, analizzando circa 140 mila donne in post-menopausa, hanno scoperto che le madri che avevano allattato per oltre un anno erano il 10% meno a rischio di sviluppare queste patologie rispetto a chi aveva sempre usato il biberon. Non solo. Attaccare al seno il bebè per almeno un mese può ridurre il rischio di diabete, pressione e colesterolo alto. Una lista di benefici che si aggiunge a quelli già noti, legati alla riduzione del pericolo di tumori ovarici e mammari, e di osteoporosi. La ricerca americana evidenzia, inoltre, che l'impatto positivo dell'allattamento sulla salute della mamma dura per decenni, visto che in media le donne osservate lo avevano fatto l'ultima volta almeno 35 anni prima.

E ancora: attaccare il bebè al seno per oltre un anno riduce del 12% il pericolo di ipertensione e del 20% circa quello di diabete e colesterolo alto per la madre. «Sapevamo che allattare al seno è importante per la salute del bambino - sottolinea Eleanor Bimla Schwarz, fra gli autori dello studio - ora sappiamo che lo è anche per la salute della madre». L'allattamento, infatti, «è una parte importante del modo in cui il corpo femminile recupera dopo la gravidanza», dice la studiosa. «Quando questo processo viene interrotto» troppo presto «le donne sono più vulnerabili a una serie di problemi di salute», inclusi ictus e infarto. Insomma, la ricercatrice non ha dubbi: «Più a lungo una madre nutre al seno il suo bimbo, meglio è per entrambi».

Il chewing gum fa bene alla linea

Un chewing gum in bocca può trasformarsi in un alleato prezioso nella lotta ai chili di troppo. Per lei e per lui, senza alcuna distinzione di sesso. A promuovere le gomme da masticare sugar free come alleate della dieta è uno studio statunitense del Louisiana State University, presentato a New Orleans in occasione del meeting della biologia sperimentale. Con un chewing gum tra i denti, stando almeno alla ricerca made in Usa, l'appetito scende, cala il desiderio di cose dolci e aumenta l'energia a dispetto della sonnolenza. Cali di forze apripista, spesso, di una capatina al frigo di casa o alla pizzeria dietro l'angolo. I partecipanti che hanno preso parte allo studio hanno mangiato per pranzo un sandwich, con un contenuto calorico di gran lunga inferiore a quello raccomandato dagli esperti. Subito dopo hanno masticato una gomma americana per 15 minuti ogni ora. Stesso pranzo, ma senza alcun chewing gum, nella seduta successiva. Ebbene, grazie a un questionario compilato tre ore dopo le due sedute, i ricercatori guidati da Paula Geiselman hanno potuto osservare che le persone che avevano masticato gomme sentivano meno appetito, non erano particolarmente attratte da snack dolci e non lamentavano cali di energia o sonnolenza durante il pomeriggio, a differenza di quando, invece, non avevano chewing gum in bocca. Masticare una gomma, dunque, secondo lo studio farebbe risparmiare 40 calorie al giorno spazzando via la voglia di snack, e anche di 60 calorie se solitamente si prediligono spuntini dolci.

Falso mito:scoprire il sesso del nascituro dalla forma della pancia

A quale gestante non è capitato di sentirsi dire da una vecchia signora, con sguardo chiaroveggente, il sesso del nascituro? Saggezza popolare, priva di fondamento scientifico, infatti è solo un mito che la forma della pancia dica il sesso del bebè. A spiegarlo George Saade, della University of Texas Medical Branch a Galveston in un articolo sulla rivista Scientific American che 'smontà alcuni miti della gravidanza, dando per altri una spiegazione scientifica. Un pancione compatto e sporgente in avanti, come se la mamma avesse un pallone sotto la maglietta è di solito associato a un maschietto, invece se il pancione è più dilatato anche sui fianchi, ci si aspetta una femminuccia. Ma non è vero, spiega Saade, la forma del pancione dipende solo dai muscoli addominali della donna e da quanto gli ormoni abbiano fatto rilassare le articolazioni pelviche per fare spazio al feto. Ma non è tutto: leggenda vuole che solo l'età della madre sia dirimente per assicurarsi la salute del bebè; non è così, anche quando è papà ad essere anziano il bebè rischia di ammalarsi per esempio di schizofrenia o autismo. Un fondo di verità c'è invece sul fatto che se mamma avverte bruciore di stomaco vuol dire che il bimbo nascerà capellone. Uno studio su 64 gestanti ha in effetti trovato un nesso tra la chioma del neonato e il senso di bruciore della gestante: le mamme con forte bruciore nell'82% dei casi davano alla luce un bebè capellone, ma secondo gli esperti ciò è spiegabile scientificamente: gli estrogeni che possono causare reflusso esofageo (e quindi bruciore) controllano anche la crescita dei capelli del feto.

È falso anche che sollevare pesi può determinare il distacco della placenta. Meglio non sollevare pesi perchè la gravidanza già impegna la schiena di mamma, ma non c'è nessun pericolo per la placenta. C'è un fondo di vero sul fatto che chi aspetta un maschio mangia di più: uno studio mostra che i maschietti pesano di più alla nascita,forse il suo testosterone aumenta l'appetito della gestante.

Il 10% dei ragazzi "drogato" di videogiochi

Le preoccupazioni dei genitori sono fondate, uno studio americano ha dimostrato che oltre il 10% degli adolescenti americani è "drogato" di videogiochi. Lo studio è stato effettuato prendendo a campione 1178 ragazzi tra gli 8 ed i 18 anni e condotto dallo psicologo Douglas Gentile dell'Iowa State University. Secondo l'indagine quasi un giocatore su dieci presenta aspetti patologici, e accumula problemi familiari, con gli amici o a scuola a causa della sfrenata passione per questo passatempo. Insomma, si tratta di un gioco "malato", che può danneggiare in diversi modi, spiega il ricercatore sulla rivista Psychological Science. Secondo i suoi dati, i drogati di consolle giocano in media 24 ore a settimana, circa il doppio rispetto ai coetanei non schiavi dei videogame. Spesso questi ragazzini hanno l'attrezzatura in camera da letto, e per colpa delle maratone che li vede costantemente incollati allo schermo accumulano problemi a scuola e brutti voti. Inoltre più spesso dei coetanei hanno una diagnosi di problemi come deficit di attenzione e iperattività. Lo stesso Gentile si è detto sorpreso di aver scoperto un problema di queste dimensioni tra i giovanissimi. Ma almeno il suo studio dimostra che il problema esiste. «C'è molto da fare e occorre sapere ancora diverse cose che non conosciamo - dice Gentile - Non sappiamo chi è più a rischio, o se ci sono altri problemi che possono essere collegati a questa forma di dipendenza». Per questo lo studioso continua il suo lavoro, per determinare i fattori di rischio e i sintomi particolari presenti nei giovani malati di videogame.

Non solo pero' problemi per gli amanti dei videogiochi. Un recente studio pubblicato online su 'Nature Neuroscience' dal team di Daphne Bavelier dell'University of Rochester a New York ha stailito che i video giochi potrebbero affinare la vista negli adulti. Chi gioca costantemente sviluppa una buona sensibilità ai contrasti, l'abilità cioè di notare anche piccoli cambiamenti nelle sfumature di grigio su uno sfondo uniforme. Una componente della vista importante in occasioni particolari, come quando si guida di notte o con la nebbia, e se la visibilità è scarsa. Daphne Bavelier e i suoi colleghi hanno studiato alcuni giocatori esperti di videogame d'azione, scoprendo che hanno una sensibilità migliore.

Il vino è caloroso, un bicchiere come una fetta di torta

Troppo spesso chi conta le calorie nel piatto con precisione certosina, poi trascura di guardare nel bicchiere. In un calice di vino si celano le stesse calorie (120) che in una fetta di torta, e in una pinta di birra quelle di una salsiccia (170), ma secondo un sondaggio condotto in Gran Bretagna ben quattro persone su dieci non lo sanno. L'indagine, che ha coinvolto 2 mila adulti, è stata realizzata come parte delle iniziative del governo per ridurre la passione per gli alcolici nel Paese. Così si è pensato di legare, per la prima volta, drink e chili di troppo. La campagna sottolinea il fatto che, dopo una notte brava e troppi brindisi, in genere la colazione è decisamente pesante, e questo aiuta a mettere su peso extra. L'iniziativa, dal titolo 'Know Your Limits', in passato si era concentrata sulle conseguenze del bere per la salute, in particolare le malattie. Oggi, invece, il ministero della Sanità britannico punta sull'effetto ago della bilancia. Spiegando che un regolare bevitore di birra (chi butta giù in media cinque pinte a settimana) ingurgita lo stesso numero di calorie di una persona che mangia 221 bomboloni in 12 mesi. Insomma, il messaggio è chiaro: per essere in linea non basta guardare il piatto, ma bisogna far attenzione anche al bicchiere

L'importanza del podologo all'inizio della bella stagione.

Molti “scoprono” la sua esistenza solo alla vigilia dell’estate,quando iniziano a preoccuparsi dell’estetica del piede. Molti altri, invece, conoscono bene il suo valore e l’importanza delle sue cure quando dolori, callosità e altri problemi si manifestano.
Stiamo parlando del podologo, operatore sanitario che, appunto, si prende cura del piede e di tutte le sue affezioni che possono essere sia di origine cutanea che traumatica o meccanica.

Più frequentemente ci si rivolge al podologo per le manifestazioni patologiche che si sviluppano sia a livello cutaneo che tissutale ma altrettanto importante è il ruolo che può rivestire nella prevenzione delle malattie che insorgono a causa dell’uso di scarpe inadeguate. Queste possono agire sul piede in maniera negativa e causare patologie come ipercheratosi, metatarsalgie ecc. Vi sono, poi, disordini ungueali e di alterazioni morfologiche digitali (vedi l’alluce valgo o le dita a martello) che insorgono per un’eccessiva compressione della scarpa sul piede.
Limitando, inoltre, il libero movimento delle dita e delle articolazioni metatarso-falangee, la compressione contribuisce anche all’instaurarsi di dolori metatarsiali (metatarsalgia).

Un corretto taglio delle unghie previene l’insorgenza di onicocriptosi o unghia incarnita: si tratta di una condizione patologica in cui uno sperone o frammento ungueale perfora il solco periungueale penetrando così nel tessuto sottocutaneo. Viene così a crearsi un’infiammazione acuta dei tessuti molli circostanti che tendono ad infettarsi. La presenza dello sperone ungueale impedisce, con un processo di granulazione della ferita nel solco periungueale, la normale guarigione della lesione.
Insomma, se le unghie vengono tagliate troppo corte si elimina la pressione fisiologica sui tessuti molli sottostanti e senza quella resistenza essi tendono a protudere verso l’esterno, impedendo la fuoriuscita completa dell’unghia e creando la conseguente ferita.
Bisogna conservare il margine libero linearmente o trasversalmente e leggermente convesso. Il processo di ipercheratosi o callosità rappresenta una normale risposta protettiva della parte interessata sottoposta ad uno stress meccanico intermittente, come si osserva per esempio nelle mani di coloro che se ne servono attivamente per lavorare. L’ipercheratosi traumatica diviene patologica solo quando raggiunge un volume eccessivo tale da evocare sintomi dolorosi e apprezzabili deformazioni nella normale stratificazione della cute. Il podologo riveste un ruolo essenziale nella soluzione delle patologie podaliche: tutti noi sappiamo cosa significa poter camminare bene ed è per questo che rivolgersi anche allo specialista può notevolmente cambiare la vita. In qualsiasi stagione.

Quando è nuvoloso il cervello lavora meglio

Eravamo convinti che nelle giornate di sole in nostro cervello potesse dare di piu' ed invece uno studio pubblicato recentemente sul 'Journal of Experimental Psychology' dice che nelle giornate uggiose il cervello lavora meglio. volontari coinvolti nella ricerca ottengono risultati migliori nei test di memoria quando sono di malumore per il cielo plumbeo, con punteggi tre volte più alti rispetto a una bella giornata di sole, che rende allegri ma anche più svogliati, meno attenti ai dettagli e affrettati nei giudizi. L'equipe di psicologi dell'Università del Nuovo Galles del Sud è arrivata a queste conclusioni dopo aver eseguito una serie di interviste e test ai clienti di un negozio di Sidney per due mesi. «Sembra sorprendente - afferma Joe Forgas, che ha guidato la ricerca - ma con un pizzico di tristezza si è più concentrati e si lavora meglio».

I ricercatori hanno messo a caso 10 piccoli oggetti sul bancone della cassa, fra cui animali di plastica, un salvadanaio a forma di maialino rosa, un classico autobus londinese rosso fiammante, un trattore e altre macchinine. Anche la musica all'interno del negozio è stata adattata all'esperimento: melanconica nei giorni piovosi, allegra in quelli di sole. Questo, spiega Forgas, «per influenzare ancora di più l'umore dei presenti». Ebbene, se fuori c'erano nuvole e pioggia, i clienti riuscivano a ricordare gli oggetti tre volte di più che in caso di bel tempo e umore allegro. È «un'ulteriore prova che si aggiunge alle evidenze crescenti che il modo di pensare, la capacità di giudizio e la memoria sono significativamente influenzate dallo stato d'animo», conclude Forgas.

Eccesso di peluria per le donne, attenzione agli ormoni

L'eccesso di peluria è un problema che affligge dal 5 al 15% delle donne. Un disordine ormonale ne è molto probabilmente la causa in parecchi casi. Lo spiegano i ricercatori del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (Gb), che in un documento sollecitano le donne troppo pelose a non vergognarsi di rivolgersi al medico: la sindrome dell'ovaio policistico è infatti all'origine del problema nel 70-80% dei casi. Secondo Rebecca Swingler, specialista in ostetricia e ginecologia del St. Michael's Hospital di Bristol e autrice del rapporto, l'irsutismo è un problema stressante e particolarmente penoso per le giovani donne. E le stime attuali non fotograferebbero la realtà: per molte l'eccesso di peli è un problema tale da renderle riluttanti a chiedere aiuto. Se per i casi lievi il trattamento dall'estetista è sufficiente, per quelli medi e gravi non resta che ricorrere alla terapia ormonale. «Spesso le donne passano anni a cercare di contrastare il loro irsutismo prima di chiedere aiuto al medico», dice la Swingler. Una riluttanza comprensibile, ma secondo Stephen Franks gli antiestetici peli sul viso e sul corpo vanno investigati. «Raccomandiamo alle donne che soffrono di un eccesso di peli e di sindrome dell'ovaio policistico di chiedere aiuto al medico di famiglia, o di essere messe in contatto con un endocrinologo o un dermatologo», concludono gli esperti sulla Bbc online.

Salute e benessere, vitamine contro l'asma

Un giusto apporto di vitamine A e C ridurrebbe il rischio di soffrire di asma. Mentre nessun collegamento ci sarebbe con la vitamina E. È il risultato di uno studio condotto da ricercatori dell'università di Nottingham e pubblicato sulla rivista Thorax. Lo studio ha analizzato i risultati di 40 sperimentazioni fatte negli ultimi 30 anni. Dai dati raccolti è emerso che un diminuito apporto di vitamina C, abbondante in frutta e verdura, determina un aumento del rischio di asma nel 12% dei casi esaminati. Meno chiaro, invece, sarebbe il collegamento tra asma e la diminuzione dell'apporto di vitamina A, presente nel formaggio, nelle uova e nell'olio di pesce. Escluso, infine, qualsiasi legame tra apporto di vitamina E e sviluppo di asma. Anche se secondo Glenys Jones, nutrizionista del Medical Research Council inglese, «molti fattori quali fumo, attività fisica e fattori socio-economici non sarebbero stati presi in considerazione», Jo Leonardi-Bee, che ha guidato lo studio, è convinto che «i risultati ottenuti hanno già una rilevanza clinica».

Ridere fa bene alla salute specialmente ai diabetici, terapia della risata

Riderci su' fa bene alla salute, anche se si soffre di diabete. Anzi, sembra proprio che una dose quotidiana di risate a crepapelle, abbinata alle classiche medicine per questa patologia, riesca a ridurre lo stress e ad aumentare i livelli di colesterolo buono nei pazienti. A provare per primo gli effetti delle risate è stato Norman Cousins, un uomo a cui negli anni '70 fu diagnosticata una malattia autoimmune. Proprio sulla scorta della celebre esperienza di Cousins, descritta anche in un libro, un gruppo di ricercatori americani fra cui Lee Berk e Stanley Tan della Loma Linda University (California), ha deciso di indagare sull'effetto della risata per i malati di diabete. Il loro studio, che promuove l'insolita terapia, sarà illustrato al 122mo Annual Meeting dell'American Physiological Society, al via il 18 aprile a New Orleans. Cousins - che descrisse la sua storia nel volume 'Anatomy of An Illness: A Patient's Perspective - arrivò a teorizzare che, se lo stress poteva peggiorare la sua condizione, le emozioni positive potevano migliorare la sua salute. Così, con l'approvazione del suo medico curante, si prescrisse un regime terapeutico a base di video comici e show tipo Candid Camera. Alla fine la sua malattia è andata in remissione. Così Berk e i suoi colleghi hanno pensato di scoprire se anche i diabetici potevano beneficiare del trattamento a suon di risate. Il team ha esaminato 20 pazienti ad alto rischio, con ipertensione e iperlipidemia oltre al diabete, divisi in due gruppi: uno di controllo e l'altro che avrebbe sperimentato la 'riso-terapià. I due gruppi hanno iniziato terapie standard per il diabete, l'ipertensione e l'iperlipidemia. Poi i ricercatori li hanno seguiti per 12 mesi, testando regolarmente i loro livelli di epinefrina e norepinefrina (ormoni dello stress), colesterolo Hdl (buono), citochine infiammatorie (che contribuiscono all'accelerazione dell'aterosclerosi) e proteine C-reattive (marker dell'infiammazione). In più il gruppo di riso-terapia ha visto filmati umoristici auto-selezionati per 30 minuti al giorno, oltre alle terapie standard.

Così i ricercatori hanno visto che, nel gruppo curato anche con le risate, i livelli di epinefrina e norepinefrina si abbassavano entro il secondo mese di trattamento, cosa che suggerisce minore stress. Inoltre questi diabetici vedevano aumentare il colesterolo buono e scendere i livelli delle pericolose citochine infiammatorie. Alla fine di un anno di sperimentazione, i ricercatori hanno rilevato «significativi miglioramenti» nel gruppo della riso-terapia: il colesterolo Hdl era cresciuto del 26% (contro il 3% degli altri pazienti), mentre le pericolose proteine C-reattive erano scese del 66% contro il 26% dei controlli. Insomma, secondo i ricercatori aggiungere una cura a base di risate gioiose alla terapia standard per il diabete può ridurre stress e risposta infiammatoria, aumentando i livelli di colesterolo buono dei pazientiI. Dunque ridere riduce i pericoli cardiovascolari associati a diabete mellito e sindrome metabolica. Certo, sono necessari ulteriori studi per fare piena luce su questi risultati, ma Berk non ha dubbi sul beneficio di risate, ottimismo e speranza sulla salute dei pazienti.

Idrocolonterapia, pulire l'intestino con l'acqua.

Curarsi con un principio antico aggiornato con metodiche moderne e delicate. È questo il senso dell’idrocolonterapia, un trattamento che ha il pregio di rimettere in equilibrio l’organismo attraverso il risanamento dell’intestino. La formula è semplice. Sembra davvero incredibile, anche perché generalmente i medici non ne parlano, ma molti problemi e malattie hanno la loro causa profonda in un cattivo funzionamento dell'intestino, dovuto al poco movimento, inquinamento ambientale e uso di medicinali non naturali. A questi fattori dobbiamo aggiungere un'alimentazione sbilanciata, troppo ricca di zuccheri, d’alimenti raffinati e additivi chimici e povera di elementi primari, come fibre, vitamine e sali minerali.
Anche lo stress, dal canto suo, può determinare un'alterazione delle pareti intestinali provocando una contrazione eccessiva o insufficiente, e può anche influenzare la flora batterica, rallentandone la ricostruzione. A causa di questi motivi i movimenti dell'intestino (peristalsi) e del colon in particolare, rallentano. Questo fenomeno causa un accumulo di scorie nelle "tasche" del colon ed in particolare nella sua zona definita "sigmoideo". Nel tempo si accumulano anche delle incrostazioni sulle sue pareti che, a loro volta, rendono ancor più difficile il suo naturale movimento ritmico e ondulatorio che dovrebbe promuovere il transito dei prodotti fecali diretti verso l'esterno.
La conseguenza diretta è una disbiosi ovvero la presenza di un metabolismo disturbato. Condizione che si manifesta con perdita di vitalità, stanchezza, depressione, mancanza di concentrazione, aggressività e attacchi di panico. Malattie come infezioni, infiammazioni, poliartrite, problemi di capelli, acne, psoriasi ed altre malattie della pelle, emicrania, allergie e molti altri disturbi vengono oggi attribuiti al malfunzionamento intestinale.
Ecco, dunque, soccorrerci l’idrocolonterapia, è una forma moderna di lavaggio intestinale, un trattamento citato addirittura in un documento egizio di 3500 anni fa. Oggi si effettua con apparecchiature modernissime e sicure, ed è una pratica delicata e indolore.
Insieme con l’acqua tiepida si introduce ossigeno che fornisce un valido nutrimento alla flora batterica. Non provoca dolore né spasmi e viene ben accolto dal paziente. È diverso dal clistere sia per la quantità di liquido (anche quaranta litri contro il litro dell’altro) che per il meccanismo di somministrazione. L'acqua, infatti, entra ed esce in un circuito chiuso, prevenendo l'insorgere di spiacevoli manifestazioni come, per esempio, cattivi odori.
Già dopo il primo trattamento il ventre si presenta meno gonfio, si prova un senso di leggerezza e si attenuano le coliche e le scariche diarroiche. Per garantire una pulizia completa sono necessari almeno 4 lavaggi, a distanza di una settimana l'uno dall'altro. La terapia della stitichezza può richiedere 3 o 4 irrigazioni in più, perché bisogna anche ripristinare la motilità intestinale. La seduta dura dai 30 ai 40 minuti.

Arrivano le allergie in primavera e autunno, 1 su 5 allergico

Una persona su cinque soffre di allergie. E nel 70 per cento dei casi questi sono conseguenza delle pollinosi ovvero della diffusione del polline vegetale nell’aria. Sono impressionanti i dati sulla diffusione di questa condizione che, ovviamente, ha diversi livelli di gravità. Una patologia che, peraltro, cresce a dismisura: negli ultimi quindici anni il numero delle persone che ne sono affette è almeno raddoppiato.
Non solo: mentre sino a venti - trent’anni fa era prerogativa quasi esclusiva dei bambini, oggi le allergie da pollinosi possono colpire anche in tarda età. Perchè? “Non c’è una ragione vera che giustifichi questa crescita esponenziale di casi – risponde Gianfranco Mirarchi, allergologo – Ovviamente oggi c’è più attenzione e miglior capacità di diagnosi. Inoltre sono stati chiamati in causa i fattori di smog. Ma tutto ciò non basta a spiegare l’esplosione di allergie che, va ricordato, sono di origine genetica”.
L’origine ereditaria, dunque, ne fa una malattia inguaribile anche se curabile. “Attraverso i sintomatici si possono ridurre gli effetti – prosegue lo specialista – e con i vaccini si può ridurre la sensibilizzazione. Ma non si può guarire: senza trattamento, infatti, la patologia ritorna in tutte le sue manifestazioni”. La pollinosi riguarda tre famiglie vegetali: le parietarie (piante rampicanti e urticacee come l’ortica), le graminacee e le composite. Delle composite fanno parte camomilla, dalia, cardo, lattuga, cicoria, carciofo, crisantemo, margherita, girasole. Delle graminacee, invece, frumento, granturco, orzo, avena, segale e riso, e di alcuni alberi, quali l’ontano, il nocciolo, la betulla, il cipresso, l’olivo, il faggio, il leccio, il castagno ed il platano. E poi caprinella, ambrosia, dente di leone o taràssaco, ligustro, quercia ed assenzio.

Riguardo al calendario a gennaio, febbraio, primi di marzo, fioriscono cipressi, betulle ed ontani. Seguono poi graminacee e parietarie fino a giugno, seguite poi da composite ed ambrosia per fine-estate, inizio autunno. Come si riconoscono le allergie da pollinosi e quali sintomi presentano nel paziente? “Per individuarle è semplice – spiega Mirarchi – innanzitutto i sintomi si manifestano con ripetitività nel periodo specifico. Gli attacchi sono repentini quando si viene a contatto con quelle sostanze. E, infine, le prove allergiche confermano il quadro. I sintomi sono classici: oculorinite ovvero occhi gonfi e lagrimanti, starnuti intensi e a ripetizione, naso che cola o rinorrea e difficoltà a respirare. L’orticaria, cioè prurito e presenza di ponfi sulla cute, si verifica per un’azione di contatto o per ingestione delle sostanze allergeniche”.
In ogni caso sospetto è bene rivolgersi al medico. I presidi terapeutici oggi sono molto efficaci: sono in prima battuta gli antistaminici e poi in aggiunta i cortisonici. Fra questi ultimi il budosonide ed il fluticasone. Si tratta di molecole impiegate per via inalatoria sotto forma di spray. Sono molecole potenti e sicure, con un'azione dissociata, ovvero minimi effetti collaterali, massimi risvolti terapeutici. C’è poi la necessità di adattare il proprio stile di vita per evitare rischi. Ad esempio, è bene evitare giornate ventose, meglio quelle piovose, perchè in questo caso è meno facile la diffusione dei pollini. Meglio è inoltre il clima marino, rispetto a boschi e prati. Preferire infine le ore del tramonto per fare le passeggiate.

40% dei bimbi a Milano in sovrappeso

Problemi con la bilancia per il 52% dei bimbi milanesi tra i 9 e i 10 anni. Ma se il 41% dei 'figli della Madonninà è sovrappeso (32%) oppure obeso (9%), l'11% è sottopeso, con una prevalenza femminile sia nel gruppo degli 'xl' sia in quello dei troppo magri. A scattare la fotografia è un'indagine condotta dal Comitato provinciale di Milano del Coni su un campione di 20 mila bambini, presentata oggi nel capoluogo lombardo durante il lancio della decima Danone Nations Cup (Dnc). L'edizione 2009 del torneo, al via a fine aprile, è organizzata in collaborazione con il Centro sportivo italiano e patrocinata dal ministero delle Politiche giovanili e dalla Lega Calcio. Volto internazionale della Dnc l'ex pallone d'oro Zinedine Zidane, mentre in Italia a battere il calcio d'inizio simbolico del torneo sarà Cino Ferrara, già testimonial Danone. La Dnc - si legge in una nota - attraversa la Penisola per sensibilizzare all'importanza dello sport un Paese dove il calcio, più che praticarlo, si guarda e si commenta. Verranno coinvolte oltre 250 squadre per un totale di oltre 3 mila ragazzi e ragazze di 11 e 12 anni che si affronteranno in 8 tappe regionali: Torino, Parma e Cava dè Tirreni (25-26 aprile); Reggio Calabria, Sassari e Bergamo (2-3 maggio); Perugia e Roma (9-10 maggio). I campioni regionali si sfideranno infine a Milano, domenica 24 maggio, per conquistare il diritto di rappresentare il Paese nella finale mondiale in programma a San Paolo, in Brasile, nel mese di ottobre. «Sport più sana alimentazione uguale salute», è la 'formula vincentè proposta ai giovani dai promotori della Dnc.

Da casa a scuola a piedi per i bimbi, gli autobus umani a Genova

Hanno fermate, capolinea e passeggeri, ma gli unici motori dei Pedibus sono i piedi di bambini e bambine che usano questi "autobus umani" con autisti e controllori adulti per imparare ad andare e tornare da scuola camminando, in modo sano, sicuro, divertente, e facendo fare anche passi da gigante alla cultura dell'ecologia. È il progetto «Pedibus-Io cammino a scuola» promosso dalla Provincia di Genova, con il coordinamento dell'assessore Renata Briano, insieme ai Comuni di Arenzano, Recco e Lavagna che, completata la fase organizzativa, dà ora il via alle sue 'linee casa-scuolà sul territorio. Le prime partenze dei Pedibus (con due 'lineè per ogni Comune) sui quali i bambini viaggeranno in gruppo (dotati di appositi e visibili gilet) saranno a Lavagna venerdì, seguite il 23 da quelle di Recco e di Arenzano.

L'obiettivo dell'iniziativa, su percorsi guidati e sicuri, è di migliorare l'accessibilità pedonale alle scuole e la qualità ambientale, incrementando il numero di bambini che si spostano a piedi da casa a scuola, riducendo quindi l'uso dei mezzi di trasporto privati e il relativo inquinamento atmosferico e acustico. Il progetto della Provincia, selezionato dal Forum Res Publica, l'Agenda 21 in campo energetico, con i Comuni farà viaggiare i Pedibus a Lavagna, Recco e Arenzano sino al termine dell'anno scolastico, una volta alla settimana, nello stesso giorno di avvio del servizio.

Zoonosi, malattie che portano gli animali

L’influenza aviaria ha riportato drammaticamente d’attualità le “zoonosi” ovvero quel gruppo di malattie che si trasmettono dall’animale all’uomo. Una questione non di poco conto, considerato che secondo una ricerca dell’Osservatorio Assalzoo-AcNielsen in Italia gli animali da compagnia sono 52.323.000 tra cani, gatti, uccelli, pesci e altri.

Qui parleremo delle zoonosi veicolate dai nostri animali da compagnia. Quella più frequentemente segnalata e che si trasmette con facilità è la dermatomicosi. Ad un esame clinico il cane o il gatto presenta sulla cute delle zone circolari caratterizzate dalla perdita di pelo (a volte è visibile un alone iperemico) non pruriginose e con assenza di croste o pustole. La diagnosi può essere comprovata da esami di laboratorio con l’uso di terreni colturali o con l’uso della lampada di Wood. Il trattamento terapeutico può essere locale con uso di lozioni o creme o generale con l’assunzione di farmaci antimicotici per via orale.
Generalmente la prognosi è fausta con la guarigione del soggetto trattato e completa ricrescita del pelo. Altra malattia cutanea trasmissibile è la scabbia o rogna sarcoptica che si manifesta nel cane con caduta del pelo, macchie rosse, papule e croste grigiastre per l’ispessimento della pelle, generalmente inizia nelle regioni della testa per poi estendersi ulteriormente.L’ animale si gratta avendo un prurito intenso. Anche nell’uomo si ha molto prurito e comparsa di puntini rossastri. La terapia si avvale positivamente di sostanze acaricide (bagni medicati ecc.).

Un’altra zoonosi da segnalare è la Borreliosi o Malattia di Lyme che viene trasmessa da zecche infette che pungono l’uomo. La sintomatologia è rappresentata da febbre, depressione, anoressia e zoppia. La diagnosi di certezza si ha con il prelievo di sangue e ricerca degli anticorpi anti-Borrelia.
L’Idatidosi inoltre è una zoonosi il cui agente etiologico è l’Echinococcus granulosus granulosis. Può parassitare l’intestino del cane e le uova eliminate nel mondo esterno con le feci. Se ingerite dall’uomo possono maturare e, raggiunto il fegato e i polmoni, formare delle cisti dette appunto cisti idatidee di notevole grandezza. E’ in netta diminuzione e va considerata una malattia professionale (veterinari, pastori, macellai).

Per concludere, una zoonosi molto diffusa è la toxoplasmosi causata da un protozoo il Toxoplasma Goondi. La malattia è spesso nell’uomo asintomatica ma se contratta in gravidanza può provocare gravi danni al feto o addirittura aborto. Il gatto risulta essere disseminatore delle oocisti (forme larvali). Il contagio avviene sia attraverso l’ingestione di oocisti con verdure o acqua contaminata o con l’ingestione di carni poco cotte. Molto importante è la prevenzione: cottura della carne, lavaggio accurato delle verdure ed un prudente contatto con il gatto per quanto riguarda le donne in gravidanza.

Che cos'è la fisiologia

Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”. Quante volte abbiamo riflettuto su questa massima tentando di regolare la nostra alimentazione. E quante volte abbiamo sentito parlare di iperalimentazione. Un noto antropologo francese sintetizza il cambiamento dei tempi sottolineando che mentre una volta era l’uomo a correre dietro al cibo, oggi è l’inverso: il cibo rincorre l’uomo.
Nella società moderna l’iperalimentazione, insieme allo stress, alla sedentarietà e all’inquinamento, determinano l’induzione di patologie che si manifestano soprattutto nell’anziano, formando una fascia, in continuo aumento, di vecchi malati e non socialmente produttivi.
Eppure la durata di vita media è aumentata notevolmente: dai 30-40 anni fissati nell’epoca preistorica sino al 1500, si è saliti ai 40-50 anni nel periodo che va dal 1500 al 1900. Oggi si “resiste” sino a 80-90 anni.
All’aumento della durata della vita, non corrisponde, però, un uguale aumento della qualità della vita. Ovviamente non possiamo ritenere valido il sistema della nostra esistenza irto di “insidie” ma non abbiamo, almeno a breve, grandi possibilità di cambiarlo: dobbiamo, perciò, accettarlo. Possiamo, però, educarci a vivere bene, al massimo delle proprie possibilità, consentendo, attraverso l’ottimizzazione della fisiologia, di allontanare la comparsa della patologia.
E’ il ruolo che assume oggi la Fisiologia Medica, una materia sanitaria che s’interessa dello studio dei vari meccanismi che controllano le funzioni del nostro corpo: quindi, una branca che non può presentare l’esasperato e velocissimo sviluppo che ha caratterizzato la patologia medica e la terapia.
“La Medicina Fisiologica, attraverso la rieducazione comportamentale e l’ottimizzazione dei sistemi di vita, vuole permette a ciascuno di noi di raggiungere un’età avanzata nel pieno delle sue capacità psicofisiche e, quindi, non incapace di lavorare e di produrre ma, in rapporto alle proprie possibilità, ancora valido per se e per gli altri” spiega il professor Maurizio Ceccarelli, il primo medico ad aver introdotto questa branca medica in Italia, fondatore dell’AE.PHY.MED. CENTRE (International Centre for Study and Research in Aesthetic and Physiological Medicine). Si deve a lui la stesura del protocolli clinici raccolti nel Life Quality Medical Program.

Sulla base di una visita medica e delle analisi necessarie a comprendere il livello di funzione dei vari organi ed apparati, si riprogrammano i comportamenti del paziente sul piano alimentare, motorio, cosmetico, psicologico, comportamentale e si attuano programmi di restituzione e correzione al fine di ottimizzare il suo benessere e consentire un miglioramento della qualità della vita”. Inizialmente praticato da manager, professionisti, personaggi dello spettacolo, il Life Quality Medical Program è protocollo di facile accesso per ogni classe sociale.
Infatti, tolto il costo della visita medica, non prevede dispendiosi trattamenti ma semplicemente una rieducazione comportamentale che non presenta costi, ma solo impegno e volontà.

Perchè mangiamo cosi' tanto durante le feste

Le feste rappresentano un periodo vuoto da impegni quotidiani. In genere tutto si ferma. Ci si organizza per le consuete riunioni di famiglia durante le quali si gioca, ma soprattutto ci si abbuffa di ogni sorta di cibo.
Un tempo questo aveva un senso, perché rappresentavai l solo momento in cui si poteva far scorta di alimenti, dolci, energetici e ricchi di grassi dei quali non si aveva la disponibilità per tutto l’anno. Oggi decadendo l’aspetto legato al soddisfacimento di una necessità meramente alimentare, si rafforzano quelle motivazioni più complesse che ruotano attorno al “rito dell’ingozzata”. Emergono svariati aspetti che in realtà nulla hanno a che vedere con l’alimentazione.
Il cibo assume quindi un valore simbolico. Mangiare insieme costituisce una sorta di regressione collettiva: in un momento in cui ci si libera dagli impegni legati al dovere, significa lasciarsi andare, abbandonandosi ai desideri ed ai bisogni primari (oralità e gioco) che vengono soddisfatti in gruppo. Il desiderio e l’appagamento di impulsi senza controllo portano inevitabilmente ognuno a perdere i confini della propria gestione personale e quindi ad indugiare nel piacere, esagerando.
La rituale abbuffata potrebbe rappresentare anche il tentativo collettivo di tenere lontane, o meglio, di negare dolori causati, ad esempio, dall’assenza di una persona cara o da problemi e difficoltà personali che paradossalmente si acuiscono nel giorno di festa. È proprio quando non si ha nulla da fare e ci si può dedicare agli affetti cheriemerge ciò che non è stato risolto o è problematico a livello personale o a livello familiare …e allora cosa farne, come gestirlo? Forse affogandolo nel cibo! Le tristezze e le cose negative sono vietate durante le feste, tutti devono essere gioiosi e spensierati. Il cibo che viene trangugiato colma i vuoti lasciando sommerso ciò che non può essere socializzato. In un’orgia alimentare collettivamente consolatoria vengono quindi annegati aspetti positivi, negativi e realtà comunque complesse in nome di qualcosa che è al di sopra del singolo individuo ed ha un significato mistico e trascendentale.

Esami: l' uroflussometria

L'uroflussometria è un esame molto semplice che consiste nell'urinare dentro ad un contenitore collegato ad un apparecchiatura (l'uroflussometro) che misura la quantità di urina emessa nell'unità di tempo e la registra su di un tracciato. L'uroflussometria consente di valutare la "qualità" della minzione : permette cioè di capire se il getto urinario è valido oppure se è indebolito. Può essere considerato un esame "di base" per valutare la presenza o meno di ostruzione delle basse vie urinarie.
Si tratta di un esame che, pur nella sua semplicità, è fondamentale nella valutazione del paziente affetto da ipertrofia prostatica o da altre malattie che possono causare ostruzione delle prime vie urinarie

Le controindicazioni del dolcificante

Nasce nel 1879 il primo prodotto di sintesi ad alto potere dolcificante: la saccarina. Da allora una serie di composti sintetici si fa strada per le preparazioni di prodotti a ridotto contenuto calorico. Contrariamente agli zuccheri naturali, questi composti dall’intenso gusto dolce hanno un valore nutrizionale trascurabile; il loro potere dolcificante varia da 30 a 500 volte quello del saccarosio, mentre il loro potere calorico è quasi nullo. Attenzione, però, alle controindicazioni e ai rischi che si possono correre.

Esistono in commercio due categorie di sostituti dello zucchero: gli edulcoranti intensivi ed i polioli. Per edulcoranti intensivi si intendono le sostanze a più alto potere dolcificante. In Italia, tra i più utilizzati troviamo: l’acesulfame K (E950), l’aspartame (E951), il ciclammato (E952) e la saccarina (E 954). Questi sono presenti sia nei cosiddetti “edulcoranti da tavola”(compresse, bustine, polvere o gocce) che nella maggior parte dei prodotti “light” o “diet”(gomme da masticare, caramelle, bevande analcoliche, yogurt, marmellate, ecc).

Riducono il contenuto calorico ma… un po’ di amaro in bocca lo lasciano comunque. Infatti, come per la maggior parte degli additivi alimentari (perché di questo si tratta), l’abuso può provocare danni all’organismo. In anni recenti sono sorti accesi dibattiti per via dei presunti effetti collaterali e danni che provocherebbero alla salute.
L’aspartame, fra tutti il più controverso; viene “costruito” in laboratorio con 3 diverse molecole (acido aspartico, fenilalanina, alcol metilico) che, per motivi ignoti, legate assieme hanno un gusto dolcissimo. Le accuse riguardano chiaramente l’alcol metilico anche se, valutando la Dose Giornaliera Ammessa (DGA: quantità che si può assumere quotidianamente senza rischio per la salute) risulta molto difficile una potenziale tossicità. Certa è la nocività della fenilalanina per i soggetti affetti da fenilchetonuria (rara malattia metabolica).
Sospetti di cancerogenicità sono stati avanzati poi per saccarina e ciclammato, ma solo in relazione a dosi massicce, effettivamente “impossibili” da raggiungere per l’uomo. In effetti, nell’adulto il rischio di superare la DGA esiste solo se si considera la possibilità di usufruire quantitativamente in modo improprio di diversi alimenti edulcorati artificialmente (gomme + caramelle + bustine + bevande ipocaloriche + farmaci). I polioli, invece, vengono definiti agenti dolcificanti “ di sostituzione”; in Italia tra i più utilizzati troviamo: il sorbitolo, il maltitolo, il mannitolo, l’isomalto e lo xilitolo. Questi hanno un potere dolcificante medio, ma un contenuto energetico non trascurabile: circa 2,4 kcal/g contro 4 kcal/g dello zucchero. Unico “effetto” indesiderato in caso di eccesso è quello… lassativo (attenzione quindi ai bambini golosi di caramelle..!). Per concludere, vera ed unica indicazione di divieto assoluto di ricorso agli edulcoranti mi sento di poterla segnalare per i bambini al di sotto dei 3 anni e per le donne in gravidanza/allattamento.

Tintarella e sole, uso e precauzioni

Arriva il bel tempo e con esso scatta la voglia di scoprirsi ed esporsi
al sole. Una pratica salutare che può, però, nascondere anche pericolose insidie. Il sole, infatti, produce una sensazione di benessere psicologico legato alla liberazione di numerose sostanze, come ad esempio a serotonina. Rafforza inoltre il tessuto osseo grazie ad una aumentata sintesi di Vitamina D e, non ultimo, garantisce la tanto desiderata abbronzatura. Inoltre, esporsi al sole, se lo si fa in maniera adeguata, migliora l’andamento di numerose patologie cutanee come l’acne, la dermatite seborroica, la dermatite atopica e la psoriasi.
Attenzione, però, al rapporto tra fototipo (colore della cute) e la capacità fotoprotettiva, notevolmente minore nei soggetti chiari se rapportata a individui più scuri. Questo è importante per quel che riguarda gli effetti acuti dell’esposizione solare (l’eritema, scottature, riduzione delle difese immunitarie, fotodermatiti e peggioramento di malattie cutanee come, ad esempio, il lupus erimtematoso, l’herpes simplex, fotocheratocongiuntivite) ma, soprattutto, nei confronti degli effetti cronici. Per effetti cronici s’intende l’invecchiamento cutaneo, l’elastosi solare, la cataratta ma, soprattutto, i tumori cutanei. Perciò è fondamentale conoscere il proprio fototipo, cioè la propria personale capacità di reagire alla luce solare al fine di preparare la cute, nei soggetti più sensibili, alla esposizione. Alcuni prodotti possono aiutare, nei fototipi più chiari, ad aumentare la quantità di melanima, molecola responsabile dell’abbronzatura e che svolge un ruolo fondamentale nel proteggere la cute dalle radiazioni UV. Questo è possibile, ad esempio, integrando la propria dieta con prodotti ad elevata concentrazione di vitamine e minerali. La dieta odierna, infatti, per quanto equilibrata è povera in vitamine. La cottura, la conservazione, la raffinazione ne riducono il contenuto nei cibi. Le vitamine importanti per preparare adeguatamente la pelle all’estate sono la vitamina A, la vitamina D e la vitamina E. In particolare, la vitamina A è il precursore della melanina. È possibile aumentare la biodisponibilità di questa molecola integrando la dieta con il suo precursore, il beta-carotene: si trova in natura in molti alimenti, il più famoso dei quali è la carota, che dà il nome al gruppo. Ci sono poi la bietola, gli spinaci e la verza. La luteina, un altro carotene, è invece maggiormente presente nei broccoli, nei cavolini di Bruxelles e nel cavolo.
Suggeriamo di iniziare l’integrazione già nel periodo primaverile, in modo da arrivare all’estate dopo 3-4 mesi di apporto adeguato. Resta comunque fondamentale ricordare che l’esposizione al sole deve avvenire in maniera graduale ed equilibrata, evitando le ore più calde della giornata (in particolare dalle 12 alle 17). È stato infatti dimostrato che l’esposizione moderata (massimo 30 minuti al giorno) produce i risultati migliori.
Per le mamme, non esporre i bambini al di sotto di un anno alla luce solare e proteggere i bambini tra 1 e 3 anni dall’esposizione al sole durante le ore non consigliate con creme a schermo totale. Durante l’esposizione è buona norma idratarsi bevendo una adeguata quantità di acqua o comunque, di liquidi, per bilanciare la disidratazione che deriva dal calore e dal sole .Queste norme sono importanti non solo ai fini dell’abbronzatura, ma anche per prevenire l’insorgenza di alcune malattie cutanee profondamente legate alla fotoesposizione. Tra queste, particolare rilievo assumono i tumori della pelle. Negli ultimi dieci anni, infatti si è assistito ad un notevole incremento del melanoma cutaneo, tanto da far parlare di una “epidemia di melanoma”. È consigliabile, prima dell’esposizione, controllare le lesioni pigmentate (i nevi), possibilmente con l’ausilio della demoscopia ad epiluminescenza. È stato infatti dimostrato che l’esposizione ai raggi UV aumenta l’attività delle cellule neviche determinando modificazioni di struttura, anche significative. In conclusione, l’esposizione solare può essere benefica e rappresenta il miglior antidepressivo presente in natura.