Salute e benessere:Fegato grasso per oltre 20 milioni di italiani.
Fegato grasso per oltre 20 milioni di italiani. Soffre di steatosi epatica il 20% dei  bambini in sovrappeso, il 25% degli adulti, il 40-100% dei diabetici  di tipo II, il 20-80% dei dislipidemici e il 30-70% dei pazienti con  epatite C (Hcv). Sulle più diffuse patologie che minacciano la salute del fegato, come questa, e sulle armi per rallentarne i danni fanno il punto gli epatologi europei riuniti al Congresso Easl (European  Association for the Study of the Liver) a Copenhagen.        Per arginare l'emergenza fegato grasso è stata testata per la prima volta su 181 pazienti la silibina, somministrata in una nuova  forma (fitosoma) per favorirne la biodisponibilità. «L'arruolamento  dei pazienti nello studio multicentrico, randomizzato in doppio cieco, di fase III è ormai concluso - spiega il direttore medico Carlo di  Manzano dell'Istituto biochimico italiano Giovanni Lorenzini della II  Università di Napoli - Ora dobbiamo aspettare solo i risultati  dell'analisi statistica, ma siamo molto fiduciosi. Lo studio ha  valutato l'efficacia di Realsil, costituito dall'associazione di  silibina estratta dal cardo mariano, fosfolipidi e vitamina E, nel  migliorare il danno epatico in pazienti con fegato grasso non alcolico in presenza o meno di infezione da Hcv».        «La steatosi - sottolinea - può essere solo il primo passo  verso una steatoepatite, infiammazione che rende più sensibili le  cellule epatiche, gli epatociti, alla morte cellulare programmata  (apoptosi) e alla necrosi. Di conseguenza anche alla cirrosi, che  colpisce il 3% della popolazione e assieme al carcinoma epatico ogni  anno miete circa 50.000 vittime». La silibina, sostanza naturale  derivata dal cardo mariano e utilizzata anche come antidoto  nell'avvelenamento dal fungo Amanita phalloides, ha potenti proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antifibrotiche, sottolineano gli  esperti. Lo studio è stato condotto in diversi centri italiani ed  europei, coordinati da Carmela Loguercio, associato di  Gastroenterologia alla II Università di Napoli. I 181 pazienti  arruolati, che non avevano avuto benefici da precedenti terapie, sono  stati seguiti per un anno e tutti hanno effettuato biopsia epatica  all'inizio della ricerca, alcuni anche alla fine.
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